La Torre dei Buoni Propositi

Un giorno il Tempo si strappò.
Lo strappo era piccolo e nessuno lo notò.
Passarono i secoli e furono chiamati millenni.
Lo strappo divenne sempre più grande, ma mai abbastanza da causare problemi seri.
Solamente…

In un punto particolare dell’anno, i secondi iniziarono ad allontanarsi l’uno dall’altro, fino a creare un minuto di vuoto; e alcuni pensieri iniziarono a sgocciolare via inosservati.
Quella fessura di un minuto si aprì proprio a Capodanno, nel momento in cui tutti sono impegnati a festeggiare.
Così, idee che sembravano terribilmente importanti il 31 dicembre, il primo di gennaio venivano dimenticate.

Una notte di fine anno, un bambino senza sonno, guardava fuori dalla finestra pensieroso.
Le decorazioni intricate che la neve disegnava sullo schermo scuro del cielo gli ricordavano le immagini salvaschermo che aveva visto sul computer del padre, quando il computer veniva lasciato acceso, libero di sognare liberamente.

Il vento tormentava i fiocchi di neve, senza clemenza, senza compassione, e fiocchi in cerca di pace turbinavano su loro stessi, e si avvolgevano attorno alle ombre, al vuoto, al silenzio.
Ipnotizzato dalla furia di quella notte invernale, i pensieri del bambino iniziarono a riflettere le forme luminose della neve.
Fino a quando, tra la veglia e il sonno, tra il tempo e lo spazio, notò un punto immobile, indifferente.

Il bambino senza sonno, ma non troppo sveglio, fissò con curiosità quel neo impreciso, sopra il quale la neve si rifiutava di andare, e si accorse che se lo avesse smesso di guardare, se lo sarebbe dimenticato.
Proprio in quel momento, il bambino vide qualcosa scivolare dentro a quel punto ( che aveva deciso che doveva essere una fessura, o uno strappo nel tessuto del cielo scuro…)…
Dopo un poco, qualcos’altro scivolò via.
E poi qualcos’altro ancora.
E poi qualcosa dentro di lui volle fare lo stesso; e seguire qualunque cosa fosse chissà dove stesse andando.

Il bambino afferrò con la mente il proprio pensiero, mentre scappava via da lui, e tirato da un guinzaglio immaginario, fu trascinato anche lui dentro lo strappo nel cielo scuro.

E scivolò giù, fino ad arrivare chissà dove, chissà quando.

Chissà dove, chissà quando era un luogo senza senso.
Era buio, ma c’era luce; e, nel silenzio assordante, c’era rumore.
Il bambino non sapeva andare, ma ci arrivò tranquillamente.
Cammina, cammina, ci si trovò davanti.
Era una immensa torre in costruzione: la cima della torre sembrava conclusa, ma la base non era mai stata iniziata.

Il bambino vide alcuni operai impegnati a discutere su cosa fare.
Tutti volevano allungare la punta, per fare diventare la torre ancora più alta.
Ogni tanto, qualche nuovo arrivato, indicava verso terra per far notare che non l’avevano ancora raggiunta.

Fu allora che il bambino si accorse che la torre non aveva una sola punta, ma tante.
E tutte, infinite e inconcluse, sembravano partire dalla stessa base inesistente.

Il bambino incuriosito si avvicinò ad un operaio, che rispetto agli altri sembrava alle prime armi.
“Il problema… è che…” brontolava tra se e se il poveretto, perché nessuno lo ascoltava.
“Se non riusciamo a metterci d’accordo su dove fondare la torre, e tutti vogliono raggiungere il cielo in punti diversi…
Prima o poi verrà giù tutto…”
Ma incredibilmente, ciò non succedeva; e che ciò non succedesse, che la torre non cadesse, giustificava la costruzione di sempre più cime; e che la base non servisse, spiegava perché tutti se ne fossero più o meno dimenticati.

L’operaio, che doveva essere davvero un novello costruttore, guardava incredulo la torre e gli altri operai, incerto sul da farsi.
Il bambino stette quasi per parlargli; ma qualcosa convisse l’operaio che avevano ragione gli altri,
e corse in fretta a costruire una cima nuova, sotto un punto di cielo, che nessuno ancora stava tentando di raggiungere.

“Peccato si sia lasciato prendere dalla fretta…. Credo fosse sulla strada giusta…”
Accanto a lui, una voce mormorò.
Il bambino si voltò e vide una figura familiare.
“Scusami Jacopo, mi dispiace di averti trascinato fino a qui…”
Nel sentire il proprio nome, il bambino sobbalzò.
“Non mi riconosci? E’ colpa mia se sei finito in questo luogo senza senso…”

Il bambino non riusciva a capire bene con chi stesse parlando?
“Chi sei? Sei un operaio come gli altri?”
“Si… Più o meno, sono appena arrivato …”
Il bambino ebbe un’idea.
“Sei un pensiero?”

“ Non un pensiero vero e proprio. Sono un buon proposito.
Tutti qui lo siamo.
Buoni propositi scivolati via in quello strappo di tempo.
Credo sia per questo che poi voi ci dimentichiate.
Quando arriviamo qui, continuiamo a volere fare le cose a metà.
E’ nella nostra natura.
Guarda questa torre…”

Il bambino lo fissò incredulo.
“Siete tutti buoni propositi?”
“Eh già. Sono secoli, anzi millenni che sgoccioliamo fino a qui…
Dunque la torre.
E’ per dare un senso alla nostra esistenza, in un luogo dove non ha senso che noi esistiamo.
Iniziata per noia, continuata per esasperazione, non sarà mai finita.
Dopo cosa faremmo, sennò…”

“Ma tutti i buoni propositi sgocciolano via dalla fessura nel tempo?”
“No… solo i più campati in aria… Non vedi la torre? E’ per questo che è lassù.
Stanno tutti costruendo solo la metà superiore.
Se fossimo stati pragmatici non avremmo fatto così.
Credo che dentro quella fessura, scivolino via solo i buoni propositi senza sostanza…”

Più che preoccupato, il bambino era divertito. I buoni propositi non gli sembravano rattristati dalla loro impresa impossibile, anzi.
“Tu allora sei un mio buon proposito? “
“Si!” “
“E non eri realistico? Per questo sei finito qui? Non ti dispiace?”
“Non più di tanto…
La fuori nella realtà, ti saresti accorto presto che ero troppo sognatore, e probabilmente mi avresti abbandonato… “

Il bambino si accorse che l’attenzione di quel suo buon proposito era sempre più vaga, attratta dalla costruzione della torre, più che dalla conversazione con lui.
“Vuoi andare anche tu? “
Chiese dolcemente a quel suo sogno irrealizzabile.
“Posso? “
Domandò il buon proposito con gli occhi brillanti dall’emozione.
“Forse so dove stanno sbagliando gli altri…”
“Certo… Buon lavoro…”
Jacopo sorrise
E la sua idea, il suo sogno, corse via a contribuire alla realizzazione di quella torre impossibile.
“Chissà se sarà proprio lui, il primo a costruire la base?”
Ma quel pensiero era troppo pesante, e dopo aver trascinato a forza la sua mente fuori dalla fessura nel tempo, l’ancorò alla realtà.

Jacopo scese dal letto e appoggiò i piedi per terra.
Fuori dalla finestra era l’alba. La bufera di neve si era calmata, e i gelidi fiocchi cristallini ora riposavano tranquilli.
Jacopo si vestì e uscì di casa.
Mentre correva a giocare, un pensiero fece capolino nella sua mente, e poi svanì per sempre.